La Corte Costituzionale ridetermina il valore della pena pecuniaria della sanzione sostitutiva della pena detentiva breve per eccessività del tasso giornaliero.
Le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi
Non sempre la pronuncia di una sentenza di condanna comporta l’ingresso del detenuto al carcere.
Non sempre però si deve attendere la fase esecutiva per evitare il carcere.
Infatti, l’ordinamento penale ha previsto la possibilità di evitare la condanna a pena detentiva nella pronuncia della sentenza di condanna.
Con la legge del 24.11.1981, n. 689 relativa alle modifiche al sistema penale, al Capo III, il Legislatore ha previsto tre sanzioni sostitutive delle pene detentive: la semidetenzione, la libertà controllata e la pena pecuniaria.
L’istituto della sostituzione della pena detentiva fu introdotto nel nostro ordinamento con l’obiettivo fondamentale di evitare, per quanto possibile, gli effetti negativi determinati dall’esecuzione delle pene detentive di breve durata.

Le condizioni generali per poter applicare la sanzione sostitutiva
La condizione principale per l’applicazione di queste sanzioni, prevista dall’art. 53 della legge n. 689/1981, riguarda il limite di pena che il Giudice vuole comminare: non deve essere superiore ai due anni.
Vi è un primo limite: la pena non può essere sostituita per i soggetti che sono stati già condannati ad una pena superiore a tre anni di reclusione ed hanno commesso il nuovo reato nei cinque anni dalla condanna precedente.
La norma prevede anche altre cause ostative.
Infatti, la pena non può essere sostituita nei confronti di:
- chi è stato condannato due volte per reati della stessa indole;
- coloro ai quali sia stata revocata la concessione del regime di semilibertà;
- chi commette il reato mentre si trovavano sottoposti alla misura di sicurezza della libertà vigilata o alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale.
La sanzione sostitutiva della semidetenzione
Per accedere a questa sanzione, la pena comminata non deve essere superiore a due anni.
Con la semidetenzione il soggetto deve trascorrere almeno dieci ore al giorno in un istituto penitenziario.

La sanzione sostitutiva della libertà controllata
La libertà controllata è una sanzione che permette di rimanere fuori dal carcere.
Per accedere a questa sanzione, la pena comminata non deve essere superiore ad un anno.
Al condannato sono però imposte delle condizioni, le prescrizioni:
- il divieto di allontanarsi dal comune di residenza, salvo autorizzazione concessa di volta in volta ed esclusivamente per motivi di lavoro, di studio, di famiglia o di salute;
- obbligo di presentarsi almeno una volta al giorno, nelle ore fissate compatibilmente con gli impegni di lavoro o di studio del condannato, presso il Comando dei Carabinieri;
- vige il divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni ed esplosivi, anche se è stata concessa la relativa autorizzazione di polizia;
- è sospesa la patente di guida;
- è ritirato il passaporto e non è possibile espatriare;
- vi è l’obbligo di conservare e di presentare ad ogni richiesta degli organi di polizia il provvedimento.
La sanzione sostitutiva della pena pecuniaria
Per accedere a questa sanzione, la pena comminata non deve essere superiore a sei mesi.
Il giudice può convertire la pena detentiva in pena pecuniaria, quando ritiene che le modalità di esecuzione del reato non siano gravi oppure ritenga il fatto di lieve entità.
Dopo aver fatto questa prima valutazione, il Giudice converte i giorni di pena detentiva che il soggetto dovrebbe scontare in pena pecuniaria: si tratta di una mera operazione di calcolo moltiplicativo.
Per determinazione l’ammontare della pena pecuniaria, il giudice tiene però conto della condizione economica complessiva dell’imputato.
Prima del recente intervento della Corte Costituzionale, il ragguaglio tra pena detentiva e pena pecuniaria era il seguente: oggi giorno di pena detentiva corrispondeva ad almeno 250 euro di pena pecuniaria.
Il valore massimo di conversione non poteva comunque mai superare i 2.500.

L’intervento della Corte Costituzionale
Con la recentissima sentenza, la n. 18 del 01.02.2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’ammontare della pena pecuniaria che deve essere ragguagliata alla pena detentiva, come previsto dall’art. 53, comma 2 della Legge n. 689/1981 che richiama l’art. 135 c.p.
Clicca qui per scaricare la sentenza
L’art. 135 c.p. richiamato stabilisce:
“Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 250, o frazione di euro 250, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva“
Già la Stessa Corte si era pronunciata qualche tempo fa in merito.
“Richiamando ampi stralci della sentenza n. 15 del 2020 di questa Corte, il rimettente denuncia come, nella vigenza dell’attuale disciplina, la sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria sia divenuta «un privilegio per soli condannati abbienti», con l’introduzione nell’ordinamento di una irragionevole discriminazione, in contrasto con i principi di uguaglianza sostanziale e ragionevolezza di cui all’art. 3, secondo comma, Cost., ma anche con la finalità rieducativa della pena sancita dall’art. 27, terzo comma, Cost.”
Le due possibili soluzioni
La Corte Costituzionale per far fronte a tale disuguaglianza ha prospettato due possibili alternative:
- la sostituzione del tasso di 250 euro giornalieri, previsto dall’art. 135 c.p., con quello minimo di 75 euro;
- la possibilità per il giudice di diminuire sino a un terzo il valore giornaliero di 250 euro.
Nella prima ipotesi, infatti, la Corte prende quale riferimento la disciplina relativa al decreto penale di condanna.
Infatti, il comma 1 bis dell’art. 459 c.p.p. prevede:
“Il valore giornaliero non può essere inferiore alla somma di euro 75 di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva e non può superare di tre volte tale ammontare”.
Nel secondo caso, invece, la rideterminazione del quantum di pena pecuniaria dovrebbe tenere conto delle condizioni economiche del reo, sulla base di quanto già previsto dall’art. 133 bis c.p. .
Il privilegio del detenuto abbiente
Già in passato la norma aveva fatto discutere in quanto si prospettava l’impossibilità di far fronte al pagamento della sanzione pecuniaria per i soggetti non abbienti.
Invero, si rappresenta come, prima dell’introduzione della legge del 15.07.2009, n. 94, il ragguaglio era pari ad euro 38 per ogni giorno di pena detentiva.
La situazione precaria dell’imputato non abbiente è infatti il punto centrale della questione analizzato dalla Corte.
“Una quota giornaliera di 250 euro è, all’evidenza, ben superiore a quella che la gran parte delle persone che vivono oggi nel nostro Paese sono ragionevolmente in grado di pagare, in relazione alle proprie disponibilità reddituali e patrimoniali. Moltiplicata poi per il numero di giorni di pena detentiva da sostituire, una simile quota conduce a risultati estremamente onerosi per molte di queste persone”.
Questa circostanza appare ancor più evidente se si considera che la pena detentiva minima prevista dall’art. 23 c.p. è pari a 15 giorni.
Il calcolo matematico è presto fatto: la multa è pari a 3.750 euro.
Tale importo aumenta vertiginosamente nel caso di sostituzione della pena detentiva breve con la sanzione pecuniaria: la multa non è inferiore a 45.000 euro.
Una soluzione per il detenuto non abbiente
Se le pene detentive sono “simili” nella loro esecuzione per tutti i condannati, lo stesso non può dirsi per le pene pecuniarie.
Pertanto, agli occhi della Corte, anche in ossequio al principio di eguaglianza sostanziale, è più opportuno bilanciare il sistema di calcolo in relazione alle condizioni economiche del reo.
Preme ricordare, il concetto di prevenzione sociale.
Dal punto di vista criminologico, possiamo dire che l’obiettivo della prevenzione sociale è quello di realizzare degli interventi sulle cause sociali, con interventi che incidono sulle motivazioni alla base della criminalità.
Al centro della strategia c’è l’autore del reato e il contesto in cui il reato si manifesta, inteso non come situazione, ma come insieme di condizioni sociali ed economiche che creano ambienti favorevoli alla criminalità.
La prevenzione sociale si inquadra in una politica criminale globale orientata al benessere sociale che attraversa tutti i settori delle politiche amministrative e quindi in quegli interventi che cercano di migliorare il rapporto non solo tra soggetti, ma anche tra soggetti e istituzioni.
Esistono rei imprenditori, esistono rei non abbienti.

PQM
Alla luce delle considerazioni svolte, la Corte Costituzionale ha quindi dchiarato
“l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, secondo comma, della legge 24 novembre 1981 n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui prevede che «[i]l valore giornaliero non può essere inferiore alla somma indicata dall’art. 135 del codice penale e non può superare di dieci volte tale ammontare», anziché «[i]l valore giornaliero non può essere inferiore a 75 euro e non può superare di dieci volte la somma indicata dall’art. 135 del codice penale”
Avv. Fabio Ambrosio, Dott. Paolo Guadalupi
Cosa dicono di noi
https://g.page/r/CZpalxP3tj4hEAo/review