Procedura estintiva nei reati ambientali: la pronuncia della Cassazione
La sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sezione III, n. 24633 del 27 gennaio 2021 (depositata il 24 giugno 2021), con specifico riguardo alla contravvenzione di cui all’art. 137, comma 1, del D.Lgs. 152/2006, relativa allo scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione, offre spunti rilevanti per l’analisi della natura del reato, della sua permanenza e, soprattutto, per la possibilità di applicare la procedura estintiva prevista dagli articoli 318-bis e seguenti del medesimo decreto legislativo.
Il caso: il Tribunale di Milano e la condanna per scarico non autorizzato
Il Tribunale di Milano, con decisione del 10 febbraio 2020, l’allora legale rappresentante alla pena di euro 2.000,00 di ammenda per aver effettuato uno scarico in pubblica fognatura di acque reflue industriali, provenienti dall’impianto di autolavaggio, senza la necessaria autorizzazione, in quanto scaduta.
L’infrazione era stata accertata in data 3 settembre 2017, “con condotta permanente” in quanto la condotta illecita perdura sino alla cessazione dello scarico o alla regolarizzazione mediante il rilascio della necessaria autorizzazione.

La fattispecie normativa: art. 137 del D.Lgs. 152/2006
L’art. 137 del D.Lgs. 152/2006 sanziona chiunque effettui uno scarico di acque reflue industriali senza la prescritta autorizzazione.
ale norma tutela uno dei beni giuridici fondamentali previsti dalla Costituzione, ossia l’ambiente, inteso non solo come patrimonio naturale, ma anche come elemento essenziale per la salute pubblica.
La procedura estintiva: presupposti e limiti
La sentenza analizza l’applicabilità della procedura estintiva introdotta dal legislatore con l’art. 318-bis e seguenti del D.Lgs. 152/2006, che consente di estinguere alcune contravvenzioni ambientali mediante l’adempimento di specifiche prescrizioni e il pagamento di una sanzione amministrativa.
Presupposti per l’applicazione della procedura estintiva
Secondo la Corte, per accedere alla procedura estintiva devono essere rispettati precisi requisiti:
- Compatibilità della contravvenzione con la procedura: Non tutte le contravvenzioni ambientali sono automaticamente sanabili attraverso tale strumento. È necessario verificare che l’illecito non abbia già prodotto un danno ambientale irreversibile;
- Adempimento delle prescrizioni impartite dagli organi di controllo: L’interessato deve rispettare puntualmente le indicazioni fornite, finalizzate alla regolarizzazione della situazione;
- Pagamento della sanzione amministrativa: Il pagamento è condizione imprescindibile per la dichiarazione di estinzione del reato.
Limiti all’applicabilità
Nel caso analizzato, il ricorrente lamentava la mancata applicazione della procedura estintiva, sottolineando che “la polizia giudiziaria, a seguito dell’accertamento di una condizione di irregolarità, avrebbe dovuto impartire un’apposita prescrizione asseverata tecnicamente dall’autorità competente” (art. 318-ter D.Lgs. 152/2006).
La Corte, però, ha rigettato tale motivo di ricorso, affermando che l’omessa indicazione delle prescrizioni di regolarizzazione non è causa di improcedibilità dell’azione penale.

Analisi del bene giuridico tutelato nei reati ambientali
Il reato di scarico non autorizzato di acque reflue industriali è finalizzato a tutelare l’ambiente, considerato dalla giurisprudenza costituzionale come un valore primario e assoluto.
In tale ottica, il legislatore ha configurato il reato come una contravvenzione, riconoscendo la necessità di una risposta immediata e proporzionata, anche in considerazione della possibile mitigazione attraverso la procedura estintiva.
La Corte ha inoltre richiamato il principio di precauzione, cardine del diritto ambientale, sottolineando come l’obbligo di autorizzazione preventiva rappresenti una misura essenziale per prevenire potenziali danni ambientali.
Profili applicativi: il ruolo degli organi di vigilanza
Un aspetto di rilievo affrontato nella sentenza è il ruolo degli organi di vigilanza nella gestione delle prescrizioni estintive.
Come sottolineato nella decisione:
“Gli artt. 318-bis e seguenti del D.Lgs. 152/06 non stabiliscono l’obbligo per gli organi di vigilanza o la polizia giudiziaria di impartire sempre una prescrizione al fine di consentire al contravventore l’estinzione del reato”.
Tale flessibilità è stata ritenuta conforme ai principi costituzionali.
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