La maternità surrogata: un’ analisi giuridica e le possibili prospettive
La Legge 4 novembre 2024, n. 169, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 270 del 18 novembre 2024, introduce una modifica significativa all’articolo 12 della Legge 19 febbraio 2004, n. 40, riguardante la procreazione medicalmente assistita.
In particolare, al comma 6 dell’articolo 12, dopo il primo periodo, è stato aggiunto il seguente:
“Se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di maternità, sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana.”
Questa integrazione estende la punibilità del reato di surrogazione di maternità anche ai cittadini italiani che ricorrono a tale pratica all’estero, applicando il principio di extraterritorialità.
Pertanto, un cittadino italiano che si avvalga di una madre surrogata in un Paese dove tale pratica è consentita sarà comunque soggetto alle sanzioni previste dalla normativa italiana, indipendentemente dalla legislazione del Paese in cui l’atto si è compiuto.
Le sanzioni previste per chi realizza, organizza o pubblicizza la surrogazione di maternità includono la reclusione da tre mesi a due anni e una multa da 600.000 a un milione di euro.
L’introduzione di questa disposizione mira a contrastare il fenomeno del “turismo procreativo”, impedendo che i cittadini italiani possano eludere il divieto interno sfruttando normative più permissive di altre giurisdizioni.
La legge entrerà in vigore il 3 dicembre 2024, come indicato nella Gazzetta Ufficiale.
Cosa si intende con maternità surrogata?
Immaginiamo una coppia, Maria e Luca, che desiderano avere un figlio, ma Maria, per motivi medici, non può portare avanti una gravidanza.
Decidono quindi di rivolgersi a una donna, Chiara, che accetta di portare a termine una gravidanza per conto loro.
Questa è la situazione tipica di una maternità surrogata.

Il procedimento può poi svilupparsi in due modalità principali.
Nella surrogazione tradizionale, l’ovulo della madre surrogata (Chiara) viene fecondato con il seme del padre intenzionale (Luca) attraverso inseminazione artificiale.
In questo caso, la madre surrogata è anche madre biologica del bambino, poiché il suo ovulo è coinvolto nel concepimento.
Nella surrogazione gestazionale, invece, l’ovulo fecondato proviene dalla coppia intenzionale (Maria e Luca) o da un donatore/donatrice.
L’embrione viene impiantato nell’utero della madre surrogata attraverso la fecondazione in vitro, e in questo scenario, Chiara non ha alcun legame genetico con il bambino.
Il contratto stipulato tra le parti stabilisce che, al momento della nascita, Chiara cederà il neonato a Maria e Luca, che diventeranno i genitori legali del bambino.
In molti Paesi, la surrogazione di maternità è regolamentata, e i contratti possono prevedere condizioni specifiche, come il rimborso delle spese mediche o un compenso economico per la surrogata.
Come avviene materialmente il riconoscimento a seguito di maternità surrogata?
Il bambino viene solitamente affidato ai genitori intenzionali immediatamente dopo la nascita, secondo le disposizioni del contratto di surrogazione stipulato in quel Paese.
In queste giurisdizioni, i documenti di nascita possono indicare come genitori legali la coppia committente, indipendentemente dal legame biologico.
Tuttavia, al rientro in Italia, il riconoscimento legale del legame genitoriale non è automatico anche se il rifiuto di trascrivere l’atto di nascita non significa che il bambino venga separato dai genitori intenzionali.
In tali casi, possono essere avviate procedure alternative, come l’adozione in casi particolari, prevista dall’articolo 44 della Legge 4 maggio 1983, n. 184.
Questa soluzione consente almeno a uno dei due genitori intenzionali (di solito il genitore biologico) di formalizzare un legame giuridico con il minore.
Dal punto di vista pratico, al momento della nascita all’estero, il bambino è consegnato ai genitori intenzionali secondo quanto previsto dal contratto di surrogazione.
Tuttavia, al rientro in Italia, il loro status giuridico come genitori può essere contestato.
Di conseguenza, la posizione del bambino in Italia rimane precaria fino a quando non sarà risolta la questione legale, con implicazioni che riguardano non solo i diritti dei genitori, ma anche la cittadinanza, l’assistenza sanitaria e altri diritti del minore.
Cosa è un reato universale?
Il reato universale si riferisce a una categoria di illeciti per i quali la giurisdizione di uno Stato può essere esercitata indipendentemente da:
- il luogo in cui il reato è stato commesso;
- la nazionalità dell’autore o della vittima.
Questo principio si fonda sull’idea che alcune condotte siano così gravi da costituire una minaccia per la comunità internazionale nel suo complesso.
Pertanto, è richiesta una risposta coordinata e uniforme da parte degli Stati.
Esempi classici di reati universali includono i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, la tratta di esseri umani e la pirateria.
In ambito penale, il principio di universalità trova una base giuridica nelle convenzioni internazionali e, in alcuni casi, negli ordinamenti interni degli Stati.
Tali reati, considerati offensivi per valori fondamentali e irrinunciabili, non possono essere tollerati da nessuna comunità statale, indipendentemente dal contesto normativo o geografico in cui vengono perpetrati.

L’applicazione del principio di universalità non è priva di limiti.
Affinché uno Stato possa perseguire un reato universale, è generalmente richiesto che tale fattispecie sia riconosciuta come tale dal diritto internazionale o che vi sia una normativa interna che lo preveda esplicitamente. In mancanza di una previsione specifica, la competenza giurisdizionale rischia di sconfinare in violazioni del diritto internazionale.
Nel contesto della maternità surrogata, la recente introduzione del principio di extraterritorialità con la Legge 16 ottobre 2024, n. 169, non configura direttamente un reato universale, ma si avvicina a tale logica.
Estendendo la punibilità della surrogazione di maternità compiuta all’estero dai cittadini italiani, il legislatore ha attribuito una rilevanza prioritaria ai valori etici nazionali, riconoscendo alla pratica un disvalore tale da giustificarne la repressione indipendentemente dal luogo in cui è realizzata.
Questo approccio segna un’espansione delle categorie di reato soggette a un regime giurisdizionale di tipo “universale”, anche se limitato ai cittadini italiani.
La surrogazione di maternità, dunque, non viene elevata a reato universale in senso stretto, ma assume una valenza etico-sociale che supera i confini territoriali, ponendo al centro la tutela della dignità umana e dei diritti fondamentali.
La Giurisdizione universale in Italia
In Italia, il principio di giurisdizione universale consente di perseguire penalmente determinati reati gravi, indipendentemente dal luogo in cui sono stati commessi e dalla nazionalità degli autori o delle vittime. Questo approccio mira a contrastare condotte che offendono valori fondamentali riconosciuti dalla comunità internazionale.
Esempi di reati soggetti a giurisdizione universale nel sistema penale italiano includono:
- Crimini di guerra: atti gravi commessi durante conflitti armati, come l’uccisione di civili o
prigionieri di guerra, che violano le convenzioni internazionali. - Crimini contro l’umanità: azioni sistematiche o generalizzate contro popolazioni civili, quali genocidio, schiavitù o deportazione.
- Tortura: inflizione intenzionale di gravi sofferenze fisiche o mentali a una persona sotto custodia o controllo.
- Tratta di esseri umani: reclutamento, trasporto o sfruttamento di persone attraverso coercizione, inganno o abuso di potere.
Questi reati sono perseguiti dalle autorità italiane anche se commessi all’estero, in virtù di obblighi derivanti da trattati internazionali e dalla normativa nazionale.
L’obiettivo è garantire che gli autori di tali crimini non trovino rifugio in alcun luogo, assicurando giustizia alle vittime e proteggendo idiritti umani fondamentali.

Il reato di surrogazione di maternità
Il reato di surrogazione di maternità è disciplinato dall’articolo 12 della Legge 19 febbraio 2004, n. 40, che vieta qualsiasi forma di gestazione per altri, sia essa organizzata, realizzata o promossa.
Le sanzioni previste comprendono la reclusione da tre mesi a due anni e una multa che varia tra i 600.000 e il milione di euro.
Questa impostazione normativa si basa sulla concezione secondo cui la maternità surrogata rappresenta una forma di mercificazione del corpo femminile e una pratica potenzialmente lesiva per i diritti del nascituro.
Dal punto di vista giurisprudenziale, la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno avuto un ruolo determinante nel definire l’interpretazione e l’applicazione delle norme sul divieto di maternità surrogata.
L’orientamento giurisprudenziale in tema di maternità surrogata
La pronuncia della Corte Costituzionale
Nella sentenza n. 272 del 2017, la Corte Costituzionale ha sottolineato come la surrogazione di maternità leda gravemente la dignità della donna, riducendola a mero strumento per la procreazione, e abbia implicazioni negative sui diritti del minore.
Secondo la Corte, tale pratica contrasta con i principi fondamentali sanciti dalla Costituzione italiana, in particolare con l’articolo 2, che tutela i diritti inviolabili della persona, e con l’articolo 3, che sancisce il principio di uguaglianza.
L’orientamento della Corte di Cassazione in materia civile
La Corte di Cassazione, con numerose pronunce, si è occupata del riconoscimento legale di bambini nati all’estero attraverso maternità surrogata.
In diverse decisioni, tra cui la sentenza a Sezioni Unite n. 12193 del 2019, la Suprema Corte ha escluso la possibilità di trascrivere nei registri dello stato civile italiano atti di nascita formati all’estero che indicano come genitori soggetti privi di un legame biologico con il minore.
Tali decisioni si basano sulla considerazione che il riconoscimento di tali atti sarebbe in contrasto con l’ordine pubblico interno, il quale si fonda sul divieto assoluto di surrogazione di maternità.
L’orientamento della Corte di Cassazione in materia penale
Dal punto di vista penale, merita una citazione la sentenza n. 5198 del 10 febbraio 2021 della Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale.
In questo caso, gli imputati avevano stipulato un accordo con una cittadina ucraina per portare a termine una gravidanza mediante fecondazione eterologa, con successiva nascita di due gemelli.

I genitori erano imputati del reato di cui all’art. 110 c.p. e la L. 19 febbraio 2004, n. 40, art. 12, comma 6, perché,
“previo concerto tra loro e con altre persone, mediante l’ausilio di strutture sanitarie all’estero, di notaio e di funzionario pubblico, previo accordo con una cittadina ucraina, la quale accettava l’impianto dell’embrione e portava a termine la gravidanza, da cui nascevano due gemelli, e cori dichiarazione con cui si attribuiva la maternità a V.V., realizzavano una condotta di maternità surrogata di tipo eterologo“.
Fatto commesso in (OMISSIS) con competenza determinata ai sensi dell’art. 6 c.p., comma 2.
La Corte ha ritenuto come debba ritenersi integralmente commesso all’estero e, pertanto, non perseguibile in Italia senza la richiesta del Ministro della giustizia, il reato di surrogazione di maternità previsto dall’art. 12, comma 6, della legge 19 febbraio 2004 n. 40, quando in territorio estero (nella specie, Ucraina) ed in conformità con la legislazione ivi vigente, sia stato stipulato l’accordo con la madre surrogata, corrisposto il compenso, iniziata e condotta a termine la gravidanza ed effettuata la registrazione della nascita presso il locale ufficio di stato civile.
A nulla rileva, ai fini dell’integrazione della fattispecie criminosa di cui all’art. 12, co. 6 l. cit., che dall’Italia siano stati stabiliti contatti preliminari con corrispondenti esteri in vista dell’eventuale realizzazione dell’accordo.
Cosa cambia con la legge 4 novembre 2024, n. 169 in materia di gravidanza surrogata? Quali sono le prospettive?
Con l’entrata in vigore della Legge 4 novembre 2024, n. 169, il legislatore italiano ha modificato l’articolo 12 della Legge n. 40/2004, estendendo, appunto, la punibilità del reato di surrogazione di maternità anche ai cittadini italiani che ricorrono a tale pratica all’estero.
In particolare, è stato aggiunto il seguente periodo:
“Se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di maternità, sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana.”
Pertanto, oggi i due genitori sarebbero stati perseguibili penalmente in Italia, indipendentemente dalla legalità della pratica nel Paese estero, poiché la legge italiana ora prevede la punibilità di tali condotte indipendentemente dal luogo in cui sono state commesse.