Intercettazioni Whatsapp sono utilizzabili?

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L’utilizzabilità delle intercettazioni di WhatsApp: tra precedenti orientamenti e nuove pronunce della Cassazione

Le moderne tecnologie di comunicazione, come WhatsApp, continuano a essere al centro del dibattito giurisprudenziale, soprattutto in tema di utilizzabilità delle informazioni raccolte nei procedimenti penali.

Con la recente sentenza n. 46658/2024, la Corte di Cassazione ha rivisto il precedente orientamento sull’acquisizione delle conversazioni WhatsApp, proponendo un approccio più rigoroso e garantista, che incide profondamente sulla gestione delle prove digitali.

Il quadro normativo e il precedente orientamento

Come discusso in un precedente contributo sul nostro sito (clicca qui), i messaggi WhatsApp possono essere acquisiti in indagini penali principalmente attraverso:

  • Intercettazioni telematiche (art. 266-bis c.p.p.), soggette a una rigorosa autorizzazione giudiziaria.
  • Sequestro del dispositivo e successiva estrazione dei dati memorizzati.

La giurisprudenza prevalente aveva inquadrato i messaggi memorizzati sul dispositivo come documenti informatici (art. 234 c.p.p.), consentendone l’acquisizione senza applicare le formalità proprie delle intercettazioni, purché il contenuto fosse già cristallizzato e non si trattasse di comunicazioni “in corso”.

Questo approccio, tuttavia, è stato messo in discussione sotto il profilo del rispetto dei diritti fondamentali, tra cui il diritto alla riservatezza (art. 15 Cost. e art. 8 CEDU), e ha portato alla recente e significativa revisione da parte della Cassazione.

La recente pronuncia della Cassazione in materia di intercettazioni Whatsapp: il richiamo all’art. 254 c.p.p.

Con la sentenza n. 46658/2024, la Suprema Corte ha stabilito un principio di diritto di fondamentale importanza: i messaggi memorizzati sul dispositivo dell’indagato non perdono automaticamente la loro natura di corrispondenza privata.

Questo implica che, almeno fino a quando tali comunicazioni non abbiano perso il carattere di attualità in relazione all’interesse alla riservatezza, esse devono essere acquisite nel rispetto delle garanzie previste dall’art. 254 c.p.p., norma che regola il sequestro della corrispondenza.

L’art. 254 c.p.p. prevede, infatti, un procedimento particolarmente rigoroso per il sequestro di corrispondenza destinata a persone diverse dall’indagato o dallo stesso detenuta.

Questo procedimento include:

  • L’intervento del giudice per le indagini preliminari, che deve valutare la rilevanza del contenuto per le indagini;
  • la necessità di garantire un bilanciamento tra l’esigenza investigativa e la tutela della riservatezza delle comunicazioni.

Secondo la Corte, i messaggi WhatsApp non possono essere considerati meri documenti storici fino a quando il loro contenuto non abbia perso ogni carattere di attualità rispetto all’interesse alla riservatezza.

Soltanto una volta divenuti privi di rilevanza attuale – per il decorso del tempo o altre cause – potranno essere acquisiti come documenti ex art. 234 c.p.p., senza l’applicazione delle garanzie previste per la corrispondenza.

L’impatto sulla pratica processuale

La pronuncia della Cassazione ha un impatto significativo sulla gestione delle prove digitali nei procedimenti penali:

  • Inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione dell’art. 254 c.p.p.: se i messaggi WhatsApp sono stati estratti dal dispositivo senza rispettare le garanzie proprie del sequestro della corrispondenza, le prove raccolte non potranno essere utilizzate in giudizio;
  • richiesta di esclusione delle prove: nei procedimenti pendenti, le difese potranno eccepire l’inutilizzabilità dei messaggi acquisiti con modalità non conformi alla normativa.

Come superare le criticità operative relative all’utilizzabilità delle intercettazioni Whatsapp

Per garantire l’utilizzabilità delle prove digitali nel rispetto della normativa e delle garanzie procedurali, gli inquirenti devono adottare un approccio più rigoroso:

  1. Applicazione dell’art. 254 c.p.p.: quando si procede all’acquisizione di messaggi che mantengono il carattere di corrispondenza privata, è necessario rispettare le formalità previste per il sequestro della corrispondenza, con l’intervento autorizzativo del giudice;
  2. Intercettazioni telematiche: nel caso di comunicazioni in corso o non ancora memorizzate
    in forma definitiva, è indispensabile ricorrere all’autorizzazione per le intercettazioni
    previste dagli artt. 266-bis e 267 c.p.p.;
  3. Acquisizione selettiva: durante il sequestro del dispositivo, occorre evitare la copia
    indiscriminata dei dati, concentrandosi solo sui messaggi pertinenti all’indagine.

Producibilità delle prove digitali: un regime rigoroso

L’interpretazione della Cassazione introduce un regime più rigoroso per la producibilità delle prove digitali.

I messaggi WhatsApp non possono essere acquisiti come semplici documenti, a meno che non abbiano perso ogni carattere di attualità.

Prima di tale momento, devono essere trattati come corrispondenza privata e acquisiti secondo le forme prescritte dall’art. 254 c.p.p., pena la loro inutilizzabilità.

Questo nuovo orientamento garantisce una maggiore tutela del diritto alla riservatezza, ma pone anche nuove sfide per l’attività investigativa, richiedendo un’attenta pianificazione delle operazioni di acquisizione dei dati.

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