Bancarotta fraudolenta documentale: il dolo

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Bancarotta fraudolenta documentale: i principi della Cassazione in tema di elemento psicologico

Il dolo nella bancarotta fraudolenta documentale

La Corte di Cassazione (V sezione penale, sentenza n. 2438 del 05.11.2024) ha ribadito un principio fondamentale in tema di bancarotta fraudolenta documentale: il dolo specifico non può essere dedotto esclusivamente dallo stato di confusione delle scritture contabili.

Secondo la Corte, per configurare tale reato è necessaria la prova che l’imputato abbia agito con la consapevolezza e volontà di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio aziendale o di recare un pregiudizio ai creditori.

Come affermato nella sentenza: “La confusione contabile, da sola, non integra il dolo specifico richiesto dall’art. 216, comma 1, n. 2, l.f., a meno che non emerga una prova chiara e concreta della finalità fraudolenta del comportamento dell’imputato”.

La relazione tra bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta fraudolenta distrattiva

Un aspetto particolarmente rilevante della sentenza è il collegamento tra bancarotta fraudolenta documentale e distrattiva.

La Cassazione ha sottolineato che l’assoluzione dall’accusa di bancarotta fraudolenta distrattiva indebolisce la possibilità di configurare il dolo specifico nella documentale.

Infatti, come chiarito, “La bancarotta fraudolenta documentale richiede che l’irregolarità contabile sia funzionale a nascondere distrazioni di beni o attività. In assenza di tali condotte distrattive, diventa necessario un esame più rigoroso dell’elemento soggettivo del reato”.

Questo principio si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale, richiamato dalla sentenza, secondo cui: “La prova del dolo specifico non può essere automatica e deve essere rigorosamente motivata, specie quando manca una connessione logica con condotte patrimoniali distrattive”.

I criteri per distinguere la bancarotta fraudolenta documentale dalla bancarotta semplice

La Corte ha altresì ribadito l’importanza di distinguere tra bancarotta fraudolenta e semplice.

Quest’ultima si configura quando le irregolarità contabili non sono accompagnate da una volontà fraudolenta, ma derivano da negligenza o trascuratezza.

La sentenza sottolinea, infatti, che “La tenuta irregolare delle scritture contabili, in mancanza di dolo specifico, integra il meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217 l.f..

In questo contesto, la Corte ha fatto riferimento a precedenti rilevanti, come Cass., Sez. V, n. 26613/2019, che stabilisce che: “Il semplice caos contabile non è sufficiente a configurare il dolo fraudolento, essendo necessario dimostrare che tale confusione fosse finalizzata a occultare distrazioni o a pregiudicare i creditori”.

Le implicazioni per il diritto penale societario

La pronuncia della Cassazione in esame richiama l’importanza di un approccio equilibrato e rigoroso nella valutazione delle condotte.

La sentenza evidenzia che l’accusa deve fornire prove concrete dell’elemento soggettivo del reato, evitando di basarsi su presunzioni generalizzate e che la distinzione tra dolo specifico e semplice irregolarità contabile è essenziale per garantire una corretta qualificazione dei fatti.

Insomma, la sentenza della Corte di Cassazione riafferma principi fondamentali per il diritto penale societario, sottolineando che il dolo specifico nella bancarotta documentale deve essere provato in modo rigoroso e basato su elementi concreti.

Questo approccio garantisce un maggiore equilibrio tra le esigenze repressive e la tutela dei diritti individuali, evitando interpretazioni estensive che possano pregiudicare gli imputati.

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