Falsa dichiarazione ad un pubblico ufficiale sulla propria identità: imputato assolto
Lo Studio Legale AMP ha ottenuto un’importante sentenza di non punibilità per il reato di falsa
attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla propria identità contestato ad un assistito.
Il delitto di false dichiarazioni al pubblico ufficiale su identità
Il cliente dello Studio Legale AMP, un cittadino straniero che si trova regolarmente in Italia, è imputato per aver dato false generalità ad un controllore durante un viaggio in treno.
L’accusa nei suoi confronti è
“del delitto p. e p. dall’art. 495 c.p. perché, a richiesta del pubblico ufficiale, Capo Treno, in servizio presso la società Trenord, che nell’esercizio delle sue funzioni attendeva alla sua identificazione, dichiarava le false generalità […] che trascriveva di suo pungo su un foglio”.
Si tratta di un reato molto grave, previsto dall’art. 495 del codice penale e punito con la reclusione fino ad un massimo di sei anni.
È infatti vietato mentire ad un pubblico ufficiale, dichiarando il falso rispetto all’identità, allo stato o altre qualità della persona.
Il caso in esame: i controlli a bordo del treno e la qualifica del pubblico ufficiale
Il cliente dello Studio Legale AMP ha spiegato nel dettaglio al proprio difensore quanto accaduto nel corso nelle operazioni di controllo a bordo del treno.
Dopo aver ricostruito l’intera vicenda, il legale ha potuto elaborare la miglior strategia processuale per il proprio assistito.
L’avvocato ha scelto di procedere nelle forme del rito ordinario, in modo da poter convocare in aula i testimoni dell’accusa, il capotreno ed un agente della Polfer, la polizia ferroviaria, affinché raccontassero tutto quello che era accaduto.
In udienza i testi hanno ricostruito i fatti, rispondendo inizialmente alle domande del Pubblico Ministero: in questo modo hanno confermato le false generalità comunicate dall’imputato.
Terminato il turno della Pubblica Accusa è stata data la parola al difensore dello Studio Legale AMP che, grazie alla propria abilità, ha fatto emergere una serie di circostanze che in precedenza non erano state raccontate in maniera corretta.
In particolare la difficoltà dello straniero nel qualificare il Capo Treno come pubblico ufficiale, quindi una figura analoga alle forze dell’ordine, nei cui confronti era obbligato a dire la verità.
Il controllore non ha infatti spiegato il proprio ruolo nel corso delle operazioni di verifica, limitandosi a chiedere l’esibizione del biglietto ed il nominativo del passeggero.
Nominativo che il soggetto non ha indicato in maniera corretta, al punto da rendere necessario un ulteriore accertamento sulla propria identità.

Solamente con l’arrivo degli agenti della Polfer, il cliente dello Studio ha compreso l’attività di identificazione che la Polizia stava conducendo nei suoi confronti.
In quel momento l’uomo ha quindi comunicato le proprie generalità corrette, mostrando anche la carta di identità.
Il personale della Polfer ha quindi riscontrato la difformità tra il nominativo del soggetto e le informazioni che lo stesso aveva fornito in precedenza al capotreno.
Rispondendo alle domande del legale, gli agenti hanno anche confermato l’atteggiamento collaborativo tenuto dall’imputato durante i controlli.
Un elemento utilizzato dalla difesa in sede di conclusioni per qualificare correttamente la condotta del proprio assistito.
La sentenza di assoluzione per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis c.p.
Il Giudice, alla luce delle risultanze dibattimentali, ha compreso la natura dell’errore commesso dall’uomo.
La condotta tenuta con gli agenti di P.G., l’assenza di precedenti e, più in generale, la personalità dell’imputato, sono stati correttamente valutati dall’Autorità Giudiziaria.

La strategia della difesa è risultata vincente poiché, oltre a ricostruire correttamente quanto accaduto, ha richiamato anche l’evoluzione normativa dell’istituto della particolare tenuità previsto dall’art. 131 bis c.p.
La norma consente infatti di escludere la punibilità laddove la condotta del soggetto non abbia arrecato particolare offesa al bene giuridico di riferimento, per reati con pena minima non superiore ai 2 anni.
Tenendo conto della modifica legislativa, non rilevando più il limite massimo, è stato possibile far leva sul minimo edittale della sanzione prevista dall’art. 495 c.p.
Grazie alle scelte fatta dall’avvocato dello Studio Legale AMP, il Giudice ha dichiarato l’imputato non punibile in ordine al reato scritto per particolare tenuità del fatto.
In questo modo, nonostante avesse effettivamente tenuto una condotta sanzionabile dalla norma, il soggetto ha potuto legittimamente evitare una condanna.